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La politica vista dalla gente (e da Manuela Donghi)


VITTIME E CARNEFICI. MA CHI?

Pubblicato da Manuela Donghi su 7 Gennaio 2013, 08:49am

VITTIME E CARNEFICI. MA CHI?

Il punto sono le regole. Alleanza siglata (ri-siglata) tra Lega Nord e PDL e putiferio assicurato. Sì, perché la maggior parte di elettori del Carroccio e non solo, speravano, e forse credevano anche, che il Segretario Maroni non avrebbe “ceduto”. Invece nella notte il patto è stato raggiunto.

Ma vedete, qui la questione riguarda il ruolo dei due partiti. Chi la vittima? Chi il carnefice? Se fino a prima del cambio del vertice maximo (Bossi), la Lega Nord era un po’, a conti fatti, la "schiava-suddita" del Cavaliere, ora la situazione potrebbe anche invertirsi, o essersi già invertita.

Analizziamo.

E’ emerso che dal vertice di questa notte Roberto Maroni sarà candidato unico alla Regione Lombardia. Cosa vuole la Lega? La Lombardia. E tenersi le Regioni del Veneto e del Piemonte con l’obiettivo di formare la sognata Macroregione del Nord. Con l’alleanza quante chance ha Maroni di vincere? Molte. I voti dei pidiellini potrebbero essere proprio quelli decisivi, l’avevamo già detto in tempi non sospetti. In questo caso chi è il vinto e chi è il vincitore? Non so se Berlusconi possa essere considerato vinto ma sicuramente vincitore è Maroni, che ha ottenuto quello che voleva. Almeno per ora.

E per le politiche? Soprattutto su scala nazionale era Berlusconi a volere che lo storico sodalizio non si interrompesse. Tornare a governare insieme a Roma. Su questo la Lega sembrava irremovibile. Roma? Può essere, ma senza Berlusconi! L’alleanza è stata siglata anche per le consultazioni di febbraio, ma probabilmente senza la candidatura a Premier del Cavaliere. Chi è il vinto? Fate voi. Chi il vincitore? Fate voi.

Lo ammetto. Simbolicamente avrei voluto dare in diretta la notizia del “c’eravamo tanto amati, ma non più” piuttosto che “siamo tornati insieme, ci riproviamo”, ma ammetto anche che, nonostante ogni tanto il romanticismo si impossessi di me, non riesco nemmeno a prescindere dalla parte strategica della politica, che, a volte, per lungimiranza, deve cercare di non dare per scontato nulla.

L’ideale ha qui due accezioni. Una simbolica e l’altra pratica. Nel simbolismo l’ideale resta ideale. Nella praticità l’ideale diventa l’obiettivo. E l’obiettivo si raggiunge solo con alcune mosse precise, studiate, elaborate. Questa sarà giusta? Ora non possiamo dirlo. Certo è che Maroni non deve più fare gli errori del suo predecessore, il Senatur.

Patti chiari e amicizia lunga. DO UT DES, è vero, ma stavolta ci si augura che il DES abbia un colore più verde.

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