Che giornata. Convulsa ed emozionante. Frenetica ma per me anche rilassante. Sì. Con una convinzione. Quanto avrei voluto essere là, in Parlamento, al posto di starmene in redazione incollata al computer e alle agenzie! Anche se, lo ribadisco sempre e comunque, il fermento lavorativo in momenti come questo è super.
Al di là della fiducia o meno, cosa penso del discorso di Enrico Letta? Sono perplessa. Perché io, personalmente, ho sempre pensato che questo fosse un Governo del rinvio e il Premier ha detto invece che non lo è; perché ho sempre pensato che i fatti non ci siano ancora stati, nonostante tutte le belle parole e magari anche i buoni propositi e invece il Premier ha detto che questo Esecutivo ha fin dalla sua genesi prediletto i fatti e non i discorsi. Mentre ascoltavo, con la massima attenzione, ho sperato che il discorso del Presidente del Consiglio, potesse essere concreto e non favolistico. Senza buonismo. E invece appena è terminato mi sono trovata a dire: “Bene, ha finito il suo discorso retorico”. E me ne dispiaccio. Non è mancanza di rispetto. Letta ha detto che tutti noi, insieme, dobbiamo riacquistare credibilità di fronte all’Europa, ma mi chiedo perché non si ponga piuttosto il problema di recuperare la faccia in Italia davanti agli italiani, i suoi cittadini. Quelli che ha preso in custodia e in affidamento. Ho assistito, in sintesi, ad un discorso che mi è apparso un tantino favolistico, in cui ancora una volta è stata prediletta solo una parte del nostro Paese, quasi a far finta che oggi, in piene e conclamate crisi economica e recessione, esistano ancora isole felici, che possano quindi essere esentate da considerazioni e da interventi mirati. O si da’ per scontato che alcuni sappiano badare a se stessi e che quindi non abbiano bisogno di aiuto? Non è così, credete l’abbiano capito? Banalmente: se io sono una persona indipendente non è detto che non abbia necessità di essere rassicurata o di essere sostenuta. Magari non come chi frigna o chi si lamenta, e che possibilmente ha meno motivi di farlo – ma questo è un altro discorso - , però, credo, ci siamo rotti tutti le scatole di preferenze e di qualcosa che diventa una sorta di palliativo astratto. Io ho bisogno di qualcuno che mi assista. Non solo qualcuno che mi porga un fazzolettino (per di più di carta) quando ormai le lacrime sono versate.